22 maggio 1923
Sono le 10,25. Il fantastico viaggio è cominciato. Attraversiamo dall’un capo all’altro tutti i cortili, avendo ai lati le pareti enormi delle officine, entro le quali sentiamo fervere il lavoro. Passiamo come tra due mirabolanti alveari. Davanti a noi vediamo il senatore Agnelli che è già entrato nella sua parte di cicerone. Mai fu al mondo cicerone più sobrio o che meglio sapesse le cose come sono nate. Lo vediamo indicare al Re i cinque piani dell’edificio, sui quali sono distribuite le varie lavorazioni che richiede l’automobile. Sono i gironi o le gerarchie della Fiat, al cui termine in alto stanno le serie di vetture finite, pronte per la spedizione, con l’indirizzo dell’acquirente o del rappresentante sul cartellino. La macchina si compone a poco a poco, parte per parte, a membro a membro; si organizza man mano che di fuori e da terra i suoi innumerevoli pezzi sono presi lavorati e sospinti avanti, e salgono. È un movimento continuo, che imprime la fabbrica, quasi di aspirazione ascensionale. La mastodontica officina, che sembra una foresta di ferro e di cemento uscita dal suolo, ha della foresta quasi il risucchio innumerevole e vivificatore. Qua e là aperte nelle pareti ha le sue bocche, un sistema vorace di bocche. Se ne vedono alcune, a intervalli regolari, aperte sui lunghi cortili che percorriamo. Sotto i cigli scintillanti delle finestre, sui cui rettangolini di vetro picchia festoso il sole, s’aprono qua e là al piano terreno delle specie di cassette, che in dati momenti ingoiano interi carichi di materiale, condotto fin là dai camions. Sono uno dei tanti pasti della belva che ha bisogno di nutrimento per produrre. Le bocche di nutrizione corrispondono ognuna a un reparto: la materia greggia, i pezzi, le pagnotte entrano a masse di quintali come aspirate e comincia la masticazione dell’acciaio sull’acciaio, la trasformazione graduale che non lascia più il pezzo se non quando è diventato un organo vivo della nuova vettura costruita.
“La Stampa”, 23 maggio 1923
Certamente un’eccezionale opera d’arte industriale […] dall’ingegneria chiara e rigorosa. La fabbrica esprit nouveau, emblema di precisione, chiarezza, eleganza e di estrema economia […]. Ecco la soluzione a un problema chiaramente espresso.
Le Corbusier, in “Esprit Nouveau”, 1925